CAPITOLO SETTIMO

Una Porsche grigio metallizzato ci è arrivata vicinissima a tutta velocità e ha lampeggiato per chiedere strada. Lele ha dovuto rallentare e rientrare in seconda corsia, e forse dobbiamo ringraziare la Porsche e il furgone che adesso ci sta davanti e che viaggia a non più dei novanta, se non siamo finiti fuori strada. Perché dapprima il rumore è quello di una esplosione secca e rotonda. Subito dopo, mentre lauto sbanda a destra e a sinistra, ondeggiando come una barca in alto mare, il rumore è quello sgonfio e ruvido di qualcosa che striscia sull’asfalto.

—    Merda, abbiamo forato! — dice Lele.

—    Cazzo, per poco non ci schiantiamo!

—    Merda, abbiamo forato!

—    Avanti accosta, buttati nella corsia di emergenza...

—    Ho capito! Ho capito! - risponde Lele guardando Becco attraverso lo specchietto retrovisore.

—    Di qua non arriva nessuno, accosta, dài...

—    Ma vuoi stare zitto?

Rallentiamo ancora, e mentre una Punto dietro di noi fa fischiare i freni e ci strombazza neanche avesse una sirena, mi dico che qui, oggi, ci lasciamo le penne. Sembra di essere su un treno, o di rotolare su delle palle da biliardo o tutte e due le cose insieme, ma alla fine non solo arriviamo alla prima corsia ma anche alla corsia di emergenza. Lele ferma la macchina e sospira. Ha la fronte e le tempie ricoperte di goccioline di sudore, minuscole e luccicanti come tante capocchie di spillo. Per qualche secondo il tempo si ferma e noi, come tre pupazzi o come tre iinlu-L illi, rimaniamo zitti e immobili a guardare il niente.

Ad un certo punto Lele gira la testa e mi guarda. Merda abbuili» forato è di nuovo l’unica cosa che riesce a pronunciare.

Okay, sangue freddo, - dice Becco. La sua voce, che è qua-m mi fischio stridulo, ci risveglia. - Io non ho la patente, non I lui mai cambiata una ruota, però voi...

( ;i guardiamo. Triangolo eloquente di sguardi.

È un disastro, - dice Lele.

Quale disastro... Adesso cambiate la ruota e...

Io non la so cambiare la ruota.

Cosa?

La ruota. Io non la so cambiare.

Okay. Non c’è problema, - sospira Becco. - C’è Ale...

Mai cambiato una ruota in vita mia.

Cazzo, ma c’è qualcosa che sapete fare?

E perché non lo fai tu, professore?

Okay. Fuori il libretto di istruzioni!

Ma va’ a cagare!

Scendiamo e facciamo un giro attorno alla macchina. La ruo-i a forata è quella posteriore sinistra. Dritti come tre birilli sulla linea che separa la prima corsia da quella di emergenza la guardiamo. Dopo un po’, non solo mi accorgo che tutti e tre abbiamo incrociato le braccia ma anche che più che guardarla, la moia, la stiamo contemplando. La situazione comincia ad apparirmi buffa. - Magari se ci concentriamo si cambia da sola, - dico.

Lele, che è più nero di un prete al buio, solleva gli occhi dalla gomma e li caccia dentro i miei. Un arco lento e solido che taglia lo spazio.

-    Okay, con calma... - dice Becco.

-    Piantala di dire okay, okay?

-    Okay. Però magari se ci fermiamo in una piazzuola... - Lele lo fulmina proprio su quella u di piazzuola.
In quel momento un F-14 travestito da tir che passa in prima corsia ci scuote come tre bandierine. Non solo. Ma l’urlo di sirena che ci dedica, lungo e sordo come quello di una nave in un porto, ci succhia via dieci anni di vita e ci fa incazzare come pantere.

-    E ridagli con le strombazzate! - urla Lele. Ci spostiamo dietro la macchina e apriamo il baule. Sguardo esitante di Lele.

-    La ruota di scorta dovrebbe essere qui...

Becco apre le braccia, esasperato. - Come dovrebbe... Non sai nemmeno dov’è?

-    Senti, ci vogliamo dare una mossa? - dico. - Non possiamo stare qui tutto il pomeriggio...

Lele che è piegato dentro il baule a cercare non so cosa gira la testa sulla spalla. — Ti ci metti anche tu adesso?

-    Se prendevo il treno a quest’ora come minimo ero già arrivato.

-    Allora pigliati il treno!

—    Almeno tira fuori il triangolo! - dice Becco.

-    Lo sto cercando!

—    Non lo sai che ci vuole il triangolo...

Lele butta una custodia di plastica addosso a Becco e dice: - Avanti, piglia il triangolo e posizionalo!

—    A quanti metri?

—    Non lo so. Dieci, trenta che ne so...

—    Cerca di essere più preciso...

—    Piglia il triangolo e sparisci!

Da quel momento in poi la situazione precipita.

Il caldo è un guanto infuocato che aderisce perfettamente ai nostri corpi come una seconda pelle. Una tenaglia che stringe la gola e ci spreme come limoni mentre svuotiamo il baule dai sac-chi a pelo, dagli zaini e da altre cianfrusaglie.

Sembra di stare all’equatore con il sole a perpendicolo. Una lama incandescente piantata al centro della testa. L’unico mornentaneo refrigerio viene dallo spostamento d’aria provocato dal passaggio delle auto. Cosa che apprezzeremmo molto di più se chi sta dentro le auto la smettesse di suonare e di salutare ogni volta che ci sfreccia accanto.

I venti minuti successivi, tanto quanto ci vuole per capire come si sgancia la ruota di scorta e come si usa il cric, sono un vero e proprio test per misurare la capacità di reazione di una mente sottoposta a pressioni psicologiche ed emotive.

Al quarto secondo me si fa cosi di Becco, Lele esplode. Il sudore gli cola dalle guance in grossi rivoli che si allargano e si sciolgono sul colletto della polo.

-    Ma che cavolo ne sai tu di auto! Non sei un intellettuale? E allora va’ a fare l’intellettuale. Chiuditi in macchina e leggiti un libro!

Ma questo non è ancora niente a confronto della mezzora successiva, che è più o meno quanto ci vuole per capire quali sono le chiavi che servono per svitare i bulloni e che i bulloni si svitano in un determinato senso e solo in quello. E comunque tutto questo non è ancora niente se paragonato all’ulteriore mezz’ora successiva, che è il tempo che impieghiamo a renderci conto: 1) che per svitare i bulloni eccetera eccetera bisogna essere come minimo dei body builder professionisti, 2) che le mani si sporcano in proporzione alla nostra inettitudine, 3) che la ruota se non la si tiene ferma gira e 4) che la lingua italiana possiede più espressioni colorite di quelle che avremmo mai potute immaginare.

-    Un’ora e mezza per cambiare una ruota. Da far scoppiare d’invidia i meccanici della Formula Uno, — dico.

-    Zitto e aiutami! E fammi il piacere di rispondere a Becco perché giuro su Dio che lo disfo.

Cosi, gli porgo le chiavi, gli tengo ferma la ruota e rispondo a Becco per le rime quando, con un sorriso a trentadue denti, si sporge dal finestrino e dice cosa mi fate se vi metto su Pergolesi?
Alla fine, per la contentezza di avercela fatta, ci salgono quasi le lacrime agli occhi. Lele solleva la ruota bucata e mi guarda.

- Siamo stati bravi, dai!

Sto per dire niente danni, quando passa un altro tir. E non so-

lo    lo spostamento d’aria risucchia il triangolo sotto le ruote del camion disintegrandolo, ma per reazione all’ennesima strombazzata Lele si stringe la gomma al petto.

Mentre con una faccia da Wile E. Coyote si guarda l’impronta nera del cerchione sulla polo, Salve regina di Pergolesi esce dalle casse dello stereo.

Nessun commento:

Posta un commento